Bentornati a tutti voi! Questa volta vorrei raccontarvi di un artista a tutto tondo, specchio di un’epoca, le cui opere sono visibili e acquistabili ancora oggi, nella città dove ha vissuto la maggior parte della sua vita…una città unica al mondo…la città alla quale anche io sono legata in modo particolare perché ci sono nata: Venezia.

Il tè da gustare si deve adattare allo spirito malinconico ed eterno di Venezia e perciò suggerirei il tè nero con petali di fiore, morbido e raffinato, che mi ha regalato recentemente una cara amica, il Coquelicot Gourmand- Damman freres.

Il Palazzo Pesaro Orfei, dimora veneziana di Mariano Fortuny

Ci troviamo nel sestiere di S. Marco, vicino a S. Samuele, tra l’altro molto vicino a dove ho abitato da piccola….nel palazzo Pesaro Orfei, un bell’edificio rinascimentale nato come fondaco, cioè come magazzino tipico veneziano, dove alla fine dell’800 nel sottotetto va ad abitare e lavorare un pittore spagnolo di Granada, Mariano Fortuny.

Palazzo Pesaro Orfei, facciata

Da lì acquisterà, poco per volta, gli altri piani che presentano sulla facciata eleganti finestre tardogotiche – simili per capirci a quelle della Cà d’Oro sul canal Grande – al primo e secondo piano vi erano sale di rappresentanza. Nel 1907 vedrà anche l’apertura del suo laboratorio di stoffe, diretto dalla moglie, che arriverà a contare addirittura 100 lavoranti subito prima della Prima Guerra Mondiale.

Possiamo ancora oggi camminare nelle stanze in cui un tempo si aggirava Mariano Fortuny: sono grandi sale, in penombra, quasi nell’oscurità, con le pareti rivestite di seta rosata preziosa, con mobili intagliati, grandi e comodi divani ricchi di morbidi cuscini, tende fluttuanti dai motivi arabescati e quadri dalle ricche cornici dorate.

Palazzo Pesaro Orfei, interni

Si respira il gusto di quegli anni, i primi del ‘900, un gusto decadente che ci fa venire in mente Gabriele D’Annunzio che affida proprio a Fortuny i bozzetti delle scene e costumi della sua opera del 1901, Francesca da Rimini.

Sul soffitto sono appese anche oggi le lampade create da Fortuny, di forme orientali a scudo, a cupola e quelle più piccole e allungate “cesendello”, velate da stoffe raffinate che diffondono una luce soffusa.

Palazzo Pesaro Orfei, interni

Sì, la luce è stata sin dall’inizio un elemento importante: nel 1904 viene inventata la “cupola Fortuny”, apparato per concentrare la luce sulla scena dal fondo del palcoscenico e regolarne la diffusione, che richiama il treppiede per le foto nel cavalletto di sostegno con l’aggiunta di una grande semisfera. Utilizzata inizialmente solo per il teatro andrà ad arredare poi anche le case ed è tuttora in produzione.

La cupola Fortuny

Chi è Mariano Fortuny

Dicevo che nel 1907 viene aperto il laboratorio di stoffe…ma quando comincia Mariano a interessarsi di tessuti? Probabilmente fin da giovane per casa, curiosando nella collezione del padre, appassionato di arte orientale – tappeti, abiti, armature, ceramiche – e poi a Parigi dove frequenta il laboratorio di Poiret, il sarto più famoso dell’epoca sui procedimenti di stampa e colorazione dei tessuti.

Fortuny abbandona le matrici in legno che si usavano allora e inizia a usare il “pochoir”, in giapponese katagami, che letteralmente significa “carta ritagliata” ed è una tecnica antica per disegnare e tingere i kimono, insomma una sorta di stampa artistica. Nel 1910 brevetta infatti una tecnica ripresa dalla serigrafia, che riduceva i costi e consentiva la ripetizione di temi figurativi su tessuti di grandi dimensioni.

Pochi anni prima, nel 1907, dopo un viaggio in Grecia, crea i costumi di scena per un teatro parigino e inventa KNOSSOS, un grande scialle di seta stampata, drappeggiato morbidamente sul corpo, che può essere indossato in molti modi: solo sul capo o sceso su una spalla o avvolto intorno al busto, riprendendo il sari indiano e il costume pompeiano.

“È un giocattolo del capriccio”
“arma di attacco e schermo di difesa”
“molteplice annodarsi, avvolgersi, piegarsi”

Esprime la complessa natura della donna, la sua libertà di esprimersi e agire, libertà “ora energiche, ora tristi, ora languide, ora procaci”

Abito Knossos, Fortuny

Inizialmente Knossos è realizzato in seta e poi in velluto e cotone, fatti venire appositamente dall’India e dalla Cina, che Fortuny tingeva, stampava, inserendo rame e alluminio per ottenere gli effetti dorati e argentati, seguendo personalmente tutta la realizzazione per dar vita così a prodotti di altissimo artigianato.

I motivi stampati sono arabeschi floreali come i melograni, le foglie di palma, i fiori di papiro o elementi marini come le alghe, le stelle marine, linee spiraliformi o elicoidali ripresi dalle ceramiche antiche cretesi di Knossos, che dà proprio il nome allo scialle.

Delphos: il primo abito plissettato

Nel 1909 Fortuny inventa DELPHOS, un peplo (antica tunica greca) morbido e aderente al corpo femminile per esaltarne le forme. Inizialmente nasce come abito da casa, libero da bustini e corsetti e viene indossato dalle attrici e ballerine più famose di quegli anni: Eleonora Duse, Isadora Duncan, Sarah Bernhardt.

È di colore monocromo, dalle tinte tenui o accese, sopra il quale spesso si porta una sopraveste di garza semitrasparente con motivi dorati, moreschi e orientali.

L’abito è semplice e riprende le antiche colonne scanalate greche o le korai o l’auriga di Delfi, in bronzo, ritrovato nel 1896, ma nuova è la tecnica usata: la plissettatura, che Fortuny inventa e brevetta e che non è svelata a tutt’oggi nel suo intero procedimento. Il plissè è ottenuto con stampi di cartone piegato o rulli di ceramica entro cui si sistemano i teli uniti da cordoncini fermati da perle di vetro di Murano e cotti poi a vapore.

Abito Delphos, Fortuny

Le sorti fortunate del laboratorio

Dopo la Prima Guerra Mondiale, il laboratorio da palazzo Pesaro Orfei si sposta sull’isola della Giudecca, nella fabbrica dell’industriale Giovanni Stucky, adiacente al bel mulino in stile neogotico, recentemente restaurato.

Nel corso degli anni, le opere di Fortuny ottengono riconoscimenti internazionali e nel 1927 viene aperto anche un negozio a New York ma purtroppo nel 1949 muore. Fortunatamente la moglie riesce a convincere un’importante arredatrice d’interni americana a rilevare il suo laboratorio.

Pochi anni dopo il palazzo viene donato alla città di Venezia e apre come Museo nel 1975, restaurato e risistemato.

Nel 1984 un giovane pieno di passione ricostruisce il laboratorio predisposto con le antiche tecniche e ancora oggi il marchio “Venezia Studium” detiene l’esclusiva per i negozi di Venezia e Parigi in cui si vendono i preziosi tessuti, gli abiti, le borse, i cuscini, le lampade per far rivivere l’eleganza, la raffinatezza e l’amore di Fortuny per la bellezza.

Marcel Proust a proposito di Fortuny:

“…dicono che un artista di Venezia, Fortuny, abbia ritrovato il segreto della loro fabbricazione e che fra qualche anno le donne potranno passeggiare e, soprattutto stare a casa loro, in broccati splendidi come quelli che Venezia ornava, per le sue patrizie, con i disegni dell’Oriente”  – Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto

“… vesti o vestaglie….fatte da Fortuny su antichi disegni veneziani. È forse il loro carattere storico, o forse piuttosto il fatto che ciascuna è unica, a dar loro un carattere così singolare che l’atteggiamento della donna che la indossa, mentre ci aspetta o parla con noi, acquista un’importanza straordinaria, come se quel vestito rappresentasse il frutto d’una lunga deliberazione e se quella conversazione si distaccasse dalla vita ordinaria come una scena di un romanzo?” – Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto