Bentornati a tutti voi nel mio salotto ! Sorseggiamo un buon tè profumato al garofano e cannella mentre guardiamo insieme qualche bel bacio appassionato….
Di baci, abbracci, soggetti amorosi e sensuali nella storia dell’arte ce ne sono a centinaia: c’è solo
l’imbarazzo della scelta!!
Io però ho scelto per voi un dipinto famosissimo:il Bacio di Francesco Hayez.
Datato al 1859 e conservato nella pinacoteca di Brera a Milano in verità non è l’unica versione che il
pittore dipinge…ne abbiamo altre tre! La seconda, diversa solo nel colore dell’abito femminile(bianco), del
1861 commissionata dalla famiglia Mylius, dopo un passaggio a Parigi nel 1867 all’Esposizione Universale, è
stata battuta nel 2008 ad un’asta di Sotheby’s per una somma vicina alle 800.000 sterline! Scusate se è
poco!
La terza, del 1859, trasportata su carta con la tecnica dell’acquerello e conservata alla pinacoteca
Ambrosiana di Milano, venne regalata dall’autore alla sorella della sua giovane amante. Ah tanto per
spettegolare un po’, Hayez, dal cognome esotico, ma veneziano, morì ultranovantenne ed ebbe moltissime
amanti, anche da anziano, redigendo anche un quaderno di disegni erotici!!
La quarta, del 1867, mostra un verde più acceso del mantello maschile e un drappo bianco sui gradini.

Il bacio – del 1867

Il titolo per esteso è” Il bacio. Episodio della giovinezza. Costumi del XIV secolo ” e venne commissionato dal
conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto. Il riferimento al XIV secolo non è inusuale per il pittore che spesso
dipingeva quadri di carattere storico ambientati nel Medioevo o nel Rinascimento (basti pensare ai Vespri
Siciliani) nei quali si lottava contro un tiranno. In questo modo, in un periodo in cui Venezia, dove era nato, e
Milano dove visse, erano sotto l’impero austroungarico e non vi era libertà di espressione, poteva
protestare indirettamente contro l’oppressore, facendo riferimento al passato.
Andiamo ora a vedere cosa rappresenta questo quadro: l’ambientazione intanto è molto semplice, una
scala a destra, un arco con una semicolonna a sinistra e una parete di grandi blocchi di pietra regolari… un
ambiente sobrio, che potremmo individuare come medievale. Questo ci è confermato dall’abbigliamento
della figura maschile: calzamaglia rossa, corto e ampio mantello, cappello piumato, alla cintura un pugnale.
L’uomo ha il piede sinistro sul primo gradino, in un atteggiamento un po’ precario, che sembra suggerire
una sua imminente partenza….confermata da questo bacio languido e appassionato che sa di addio.
Il volto è in ombra, coperto, mentre stringe delicatamente e con tenerezza il volto dell’amata, che gli si
abbandona, con il corpo all’indietro e la mano sinistra sulla spalla di lui, a trattenerlo.
La figura femminile è tutta racchiusa nella lucentezza serica dell’abito, azzurro dai mille riflessi cangianti e
luminosi che vanno dal celeste pallido, quasi bianco della manica e del bustino al grigio madreperlaceo
delle pieghe della gonna. Un’abilità, questa del pittore di rappresentare con estrema maestria i diversi tipi
di stoffe, che gli deriva dalla sua lunga e feconda attività presso il prestigioso teatro la Scala di Milano, come
scenografo e costumista.
Oltre l’arco, un’ombra….variamente interpretata e vagamente identificata: un nemico che sta per attaccare
il giovane in un momento di debolezza, un congiurato politico ,la solita domestica, un amico che lo aspetta
per condurlo via…Chi lo sa?
Anche la scelta dei colori non sembra casuale: il verde del risvolto interno del mantello e la calzamaglia
rossa dell’uomo, insieme al bianco del pizzo e all’azzurro dell’abito femminile richiamano le bandiere
italiana e francese e rimandano all’alleanza tra le due nazioni, gli accordi di Plombieres, siglati dall’ingresso
congiunto a Milano di Vittorio Emanuele II e Napoleone III, pochi mesi prima del dipinto.

Nell’ultima versione, del 1861, anno dell’Unità d’Italia, l’abito della donna è invece bianco e il riferimento al
neonato Regno d’Italia è qui più diretto ed esplicito.
Questo quadro ebbe da subito una grande diffusione e un successo eccezionale, tanto da venire citato, ad
esempio in un dipinto del 1862 di Gerolamo Induno, pittore risorgimentale, che nell’opera “Triste
presentimento” sulla parete a destra del camino lo posiziona accanto al busto di Garibaldi.

Triste presentimento – di Gerolamo Induno

dettaglio del quadro tratto dall’opera “Triste Presentimento” di Gerolamo Induno

Il Bacio di Hayez viene ripreso anche in altri ambiti artistici…l’esempio più famoso e conosciuto e ….dolce è
del 1922, quando il direttore artistico della nota casa dolciaria Perugina inventò il manifesto pubblicitario e
la scatola blu dei Baci, cioccolatini avvolti nella stagnola argentata con stelle blu e corredati di bigliettini con
frasi d’amore e l’abbraccio dei due innamorati. Chi non ne ha letto e mangiato e regalato almeno una volta
nella vita?

Manifesto del 1922 della Baci Perugina

Circa 30 anni dopo, nel 1954, il grande regista e colto intellettuale Luchino Visconti, nel suo film Senso, di
ambientazione risorgimentale, cita il dipinto nel bacio che sigilla l’amore tra un ufficiale austriaco e una
nobildonna italiana.

Il bacio tratto dal film “Senso” di Luchino Visconti

Vi è anche un’opera più recente, del 2011, dell’artista digitale Daniele Urgo, che inserisce un venditore
ambulante di rose a disturbare i nostri innamorati!

Opera di Daniele Urgo – 2011

Vi sono poi tanti baci celebri: nei film, nelle foto, nei cartoni animati….. Voglio segnalarvene solo due, che
mi piacciono molto: Bacio davanti all’Hotel de la Ville, del 1950 di Robert Doisneau e la stessa immagine
rivisitata alla luce dell’attentato terroristico al Bataclan del 2015, ad opera di uno street artist anonimo.

Il bacio di Doisneau

Street Artist anonimo

Non parliamo poi dei baci famosi della Disney: Biancaneve, Cenerentola, la Bella Addormentata….
Vi suggerisco come conclusione di riguardarvi gli ultimi fotogrammi di un bellissimo film, premio Oscar, ”
Nuovo cinema Paradiso” nei quali scorre una carrellata di baci famosi cinematografici, eliminati dalla
censura dell’epoca, ultimo regalo del grande amico e maestro del protagonista. Magari accompagnate la
visione con la lettura di questi versi di Catullo, poeta latino del I^ secolo a.C., antichi, ma sempre attuali!
“ Dammi mille baci, poi cento,
poi ancora mille, poi di nuovo cento,
poi senza smettere altri mille, poi cento;
poi, quando ce ne saremo dati molte migliaia, li confonderemo anzi no, per non sapere (il loro numero)
e perché nessun malvagio ci possa guardare male, sapendo che ci siamo dati tanti baci”