Bentornati a tutti voi, anche questa volta per parlare come al solito di arte, in modo semplice e…spero interessante!
Questo è il mese di Carnevale e Carnevale vuol dire Venezia e vuol dire anche maschere… ho pensato perciò di prendere in esame alcuni quadri del Settecento veneziano che lo rappresentano.
Comincerei con …ah dimenticavo il tè, da sorseggiare come è nostra buona abitudine, un tè alla curcuma e zenzero, frizzante e solleticoso.

Il Ridotto di Francesco Guardi: un Casinò dei nostri giorni

Ca’ Rezzonico – Il Ridotto di palazzo Dandolo a San Moise – Francesco Guardi

Comincio allora con il pittore veneziano Francesco Guardi che, oltre a raffigurare scorci e feste della sua città, dipinge fra il 1745 e il 1750 il quadro “Il Ridotto”, una sorta di Casinò dei nostri giorni, dove veneziani e stranieri potevano legalmente giocare d’azzardo e dove, per motivi di decoro, si doveva indossare la maschera. Il Ridotto era ricavato in un’ala di palazzo Dandolo, oggi diventato l’hotel Monaco e Grand Canal, sul Canal Grande…pensate che all’epoca, tra i suoi frequentatori abituali annoverava anche Giacomo Casanova
In un salone piuttosto ampio e in penombra, numerosi gruppi di figure che suonano, conversano, giocano a carte; a sinistra un cambiavalute e a destra una donna, probabilmente una prostituta accanto a un uomo che ha in mano la chiave di una stanza….I colori utilizzati non sono molti: le gamme naturali dei marroni, rischiarate dalle campiture di bianco e di celeste degli abiti, completati dai cappelli a tricorno e dalla maschera nera tradizionale veneziana.

Il Rinoceronte di Pietro Longhi

Il Rinoceronte, Pietro Longhi

La stessa maschera nera si trova nel dipinto “Il rinoceronte” di Pietro Longhi, contemporaneo di Guardi, anche lui attento illustratore della vita veneziana nelle sue molteplici sfaccettature, da Goldoni definito “una musa sorella” e “singolarissimo imitatore della natura”, per la capacità di cogliere i malesseri più profondi dell’aristocrazia veneziana, allontanandosi così dalla pomposa pittura Rococò.
In quest’opera, in primo piano un grande rinoceronte, dalla scura e ruvida corazza, viene guardato con curiosità da alcuni spettatori seduti su gradinate in legno. In prima fila alcuni gentiluomini con il tricorno e le “bautte”- delle quali si parla alla fine dell’articolo, nelle Curiosità – una nobildonna al centro e a sinistra, a volto scoperto un umile fanciullo con un corno dell’animale esotico e una frusta per domarlo. In alto, sulle gradinate tre figure femminili di origine meno altolocata, una delle quali con l’altra maschera tradizionale, “la moretta

Villa Zianigo tra il Mondo Novo e i Pulcinella sull’altalena

Mondo Novo – Giandomenico Tiepolo

Sempre in Veneto e sempre negli stessi anni, a Villa Zianigo, residenza del pittore Giovambattista Tiepolo, il più famoso del ‘700 che aveva dipinto in tutta Europa – da Madrid alla Baviera- il figlio Giandomenico, pittore anch’egli, dipinge le sale della villa. É libero nella scelta degli affreschi, senza committenza, perché è la sua casa che vuole dipingere, dove abiterà sempre più in solitudine, con scene di influenza goldoniana come “La Passeggiata” o “Il Minuetto” dalle figure eleganti. Nella Villa vi è anche un affresco particolare, dal titolo “Mondo Novo” che raffigura una folla incuriosita che si accalca in una piazza a guardare ciò che ha portato un ciarlatano: una “lanterna magica”, un’ultima scoperta, una novità che attrae anche noi che seguiamo le figure rappresentate incredibilmente, di spalle, delle quali non vediamo i volti….

Inoltre, in un Camerino si trovano tre grandi pannelli con Pulcinella che gozzovigliano, Pulcinella e i saltimbanchi, Pulcinella innamorato, Pulcinella e i cani; sul soffitto i Pulcinella sull’altalena, il più sognante e incantevole. La maschera di Pulcinella perciò viene rappresentata in modo umano, intenta alle attività quotidiane, come sarà anche in una raccolta di disegni (“Divertimento per li ragazzi” ben 104!) che racconta la vita di Pulcinella, ma che guarda anche con ironia e scetticismo ai mutamenti della società dell’epoca.

 

Pulcinella sull’altalena – Domenico Tiepolo

La stanza è tutto un brulicare di Pulcinella, dall’inconfondibile abito bianco esageratamente ampio e dall’alto cappello, un insieme di figure a formare un popolo irriverente, che rifà il verso alla nobiltà e …forse non è un caso che la data di ultimazione degli affreschi sia proprio il 1797, l’anno della caduta della Repubblica di Venezia, in piena Rivoluzione Francese.

Gli affreschi rispecchiano le due anime che a Venezia in quell’epoca si mescolavano e convivevano: lo spirito galante, gaio, festoso che regnava nei palazzi sul Canal Grande ed era incapace di vedere la realtà dell’epoca e uno spirito borghese più realistico, ma anche malinconico e amaro. É così anche per i due Tiepolo: se il padre rappresenta ancora la magnificente pittura Rococò, il figlio è un osservatore e un testimone disincantato del disfacimento di un’epoca.

Umberto Brunelleschi e le maschere degli anni ’20

E vorrei concludere con alcune maschere dipinte negli anni 20, in pieno clima Decò (il nome deriva dalla grande Esposizione parigina del 1925 ed è l’abbreviazione di Arts Decoratifs) da un artista toscano che vivrà gran parte della sua vita a Parigi, frequentando personaggi come Modigliani, Picasso, D’Annunzio.

Molto richiesto come scenografo e costumista dai più importanti teatri italiani e francesi, fu addirittura chiamato da Puccini per realizzare i costumi della Turandot!
Umberto Brunelleschi, questo è il suo nome, ottenne grande successo anche come illustratore per pubblicazioni di lusso, libri di fiabe e bozzetti pubblicitari, divenendo immediatamente riconoscibile per il suo tratto sottile, il suo linearismo calibrato, la cromia raffinata e luminosa delle sue damine settecentesche e delle sue figure esotiche, orientali.
Questi caratteri li ritroviamo in due tra i tanti pochoir – trovate la spiegazione di questa tecnica in fondo, tra le Curiosità – che dipinge tra il 1925 e il 1927: Concert aux etoiles e Feux d’artifice.

Concert aux etoiles – Umberto Brunelleschi

Nel primo, entro un’architettura vegetale sottile ed elegante, una damina dall’ampia veste, elegante e vaporosa, suona una mandola, sulla riva di un canale veneziano. L’espressione è assorta, malinconica, in perfetta sintonia con l’esile falce di luna stagliata nel cielo notturno a sottolineare il momento sospeso e intenso di questo concerto solitario.

Feux d’artifice – Umberto Brunelleschi

Nel secondo, a destra una damina elegante dall’abito floreale e vivace che si allarga a occupare lo spazio, accompagnata da un “cicisbeo” a sinistra e da un gentiluomo a destra con la “bautta”, è intenta a guardare con curiosità sognante i fuochi d’artificio, simili a fiori sbocciati. Sullo sfondo scuro il profilo delle gondole e lo skyline…diremmo oggi…. di Venezia, che accentuano il cromatismo raffinato, le linee sinuose ed eleganti, l’atmosfera incantata.

Finite di bere il vostro tè ormai tiepido, forse ormai poco frizzante e un po’ malinconico anche lui e lasciatevi cullare dalle note di “Serenata di Pulcinella” di Igor Strawinskij….

La stagione del Carnevale tutto il mondo fa cambiar
Chi sta bene e chi sta male Carneval fa rallegrar
Qua la moglie e là il marito, ognuno corre a qualche
Invito, chi a giocare e chi a ballar
C.Goldoni

CURIOSITÀ E APPROFONDIMENTI
  • Il significato del Carnevale:
    Carnevale vuol dire “levare, togliere la carne” e si riferisce al primo giorno di Quaresima, mentre le prime notizie sul Carnevale di Venezia risalgono all’XI secolo, quando nei giorni precedenti la Quaresima appunto vennero indetti giochi pubblici. Un tempo il Carnevale durava dal 26 dicembre fino a qualche giorno prima della Quaresima e tutti i Veneziani partecipavano alle feste in giro per la città, assistevano agli spettacoli dei saltimbanchi, portando la maschera che rendeva così uguali nobili e popolani…almeno in questa occasione. La maschera nascondeva la propria identità e permetteva di compiere azioni proibite come il tradimento e il gioco d’azzardo – come abbiamo visto nel Ridotto di Guardi – e a Venezia le più diffuse e antiche erano la “bautta” bianca, con un grande sorriso a becco, un cappello a tre punte e un mantello nero, il tabarro, e la “moretta” femminile, di forma ovoidale in velluto nero.
  • Le “fritole”
    Sono i dolci tipici, fin dal 1600, che si gustavano in uno dei tanti caffè di Venezia: nel 1759 ce n’erano ben 206 ai quali Goldoni dedica anche una commedia, la Bottega del caffè appunto.
    Sono un composto di farina, zucchero, latte, uova, uvetta che viene fatto lievitare più volte e poi fritto a forma di sfere tipo polpette, tutte poi rotolate nello zucchero.
  • Pochoir
    Tecnica che utilizza stampini in metallo sagomati e ritagliati, una sorta di stencil odierno, per colorare a tempera o acquerello le fotografie o le illustrazioni; ebbe una grande diffusione negli anni ’20-’30 nell’ambito dell’Art Decò.
  • Maschere e commedia dell’arte
    Nasce nel XVI secolo in Italia e si diffonde fino a metà del XVIII quando Goldoni attua la riforma, sostenendo la necessità di un teatro più vicino alla realtà e senza maschere.
    Riprende la tradizione dei giullari o saltimbanchi medievali che si esibivano nelle piazze, soprattutto in occasione del Carnevale, con “barcellette” mimate, “mariazzi”- scene di vita matrimoniale -, scherzi messi in scena sempre con un divertente modo di muoversi, vestirsi e parlare. Contemporaneamente a Venezia nascono i teatri privati, organizzati nei palazzi nobili, ma aperti anche al popolo e nascono le prime compagnie che recitavano improvvisando. Le rappresentazioni erano basate su “canovacci”, non su testi scritti con precisione, all’aperto e le compagnie erano formate da 10 persone che usavano la maschera, di cui due erano donne, fatto questo innovativo e inconsueto. Il personaggio più diffuso era lo “Zanni”- dal nome Giovanni in dialetto veneto – che deriva dal teatro della Roma antica e rappresentava il servo che poteva essere “astuto” come il bergamasco Brighella o “sciocco” come Arlecchino imbroglione, sempre affamato e spesso in coppia con Colombina, la servetta maliziosa e il napoletano Pulcinella, malinconico e dotato di grande saggezza popolare. Pulcinella è legato alla vita rurale, da dove proviene, ha una semplice casacca di canapa, con un largo cappello e la maschera con lungo naso ricurvo e i suoi argomenti sono molto istintivi: il sesso e la fame.
    Dei Pulcinella parla anche Goldoni nella commedia Donne gelose del 1752, appellandoli “Purichinelli”.
  • Sala dei Pulcinella a Villa Zianigo
    Agli inizi del ‘900 gli affreschi di tutta la sala vennero staccati, pronti per essere venduti ad acquirenti francesi, vendita fortunatamente bloccata dal Ministero delle Belle Arti, che li sistemò a Cà Rezzonico, il Museo del Settecento veneziano, dove possono essere ammirati ancora oggi.
  • Cicisbeo
    Gentiluomo che nel ‘700 accompagnava le nobildonne sposate in occasioni mondane come feste, spettacoli teatrali…accettato dal marito, entrava a far parte quasi della stessa famiglia. Il termine “cicisbeo” si riferisce al suono del chiacchiericcio, del modo di conversare manierato simile a un cinguettio.