Bentornati nel mio salotto per festeggiare insieme il Natale di questo 2020 così anomalo e così difficile, che si apre a un nuovo anno davvero….imprevedibile.

Il tè…questa volta lascio a voi la scelta: da quello più semplice del supermercato a quello più raffinato e ricercato, a quello profumato e aromatico, ma che sia un tè che riesca a scaldare il cuore e l’anima!

Ho scelto, per questa conversazione, una Natività e non ho avuto dubbi su quale scegliere: perché se è vero che ci sono migliaia di dipinti nella storia dell’arte che rappresentano la nascita di Gesù, il più significativo e coinvolgente è, a mio parere, l’Adorazione dei pastori, conosciuta come la Notte, di Correggio.

Correggio inteso come soprannome di Antonio Allegri, dal nome della cittadina in cui è nato… la stessa di Luciano Ligabue!

Le origini del dipinto

La tela viene commissionata nel 1522 dalla famiglia Pratonieri per la propria cappella nella chiesa di San Prospero a Reggio Emilia, dove rimase fino al XVII secolo quando fu acquistata da Francesco III d’Este e venduta, il secolo successivo, al principe di Sassonia. Ecco perché se vogliamo vederla oggi dobbiamo arrivare fino a Dresda, alla Gemaldegalerie.

 

A Reggio Emilia la videro e la ammirarono numerosi artisti famosi, italiani e stranieri, da Rubens a El Greco a Vasari che così la descrisse:

E’ in Reggio una tavola, drentovi una Natività di Cristo, ove partendosi da quello splendore, fa lume a’ pastori e alle figure che lo contemplano

La grandezza dell’opera

Mai in nessuna opera come questa si è concretizzata meglio la rappresentazione dell’Incarnazione di Dio: da Gesù emana una luce abbagliante che illumina il mondo e mai nessuno aveva reso meglio ciò che si recita nel Credo: “Dio da Dio, Luce da Luce”. La luce divina scaturita da Gesù così fortemente illumina Maria che con una tenerezza infinita e materna dolcezza tiene e guarda il proprio figlio.

Così la descrive uno studioso del ‘600: “Sta con lo sguardo la gloriosa Madre del tutto fissata nel figlio, e dall’eccedente splendore abbagliata, come sopraffatta dall’eccessivo contento di vedere, e di godere insiememente l’humanato Iddio mostra di tal sorta gioire nel più interno del cuore, che in effetto spira Gratia Divina, Amore, Riverenza e Divozione.

 

Dietro di lei, in penombra, Giuseppe, tirandolo e trattenendolo, avvicina l’asino al figlio per riscaldarlo nella mangiatoia formata da spighe di grano, una chiara allusione all’Eucarestia.

La luce illumina a sinistra i pastori: un giovane dal viso sorridente che invita all’adorazione quello più anziano, dalla lunga barba, che si regge malfermo sulle gambe, appoggiato a un nodoso bastone e una donna che reca un cesto con due anatroccoli, figura celebre per il gesto naturale di schermare con la mano la luce abbacinante che proviene da Gesù.

Sempre Vasari: “Vi è una femina che volendo fisamente guardare verso Cristo, e per non potere gli occhi mortali sofferire la luce della Sua divinità, che con i raggi par che percuota quella figura, si mette la mano dinanzi agl’occhi, tanto bene espressa che è una meraviglia.

Tutti i dettagli

In basso, nell’oscurità si intravedono alcune piante tra cui l’agrifoglio che è ancor oggi un arbusto natalizio che cresce tra pietre ruvide, resti di un tempio pagano, al cui interno era stata ricavata una stalla, in cui una tradizione popolare credeva fosse avvenuta la nascita ed ecco spiegata la presenza della colonna. Tutto ciò potrebbe comunque simboleggiare la vittoria del Cristianesimo sul Paganesimo

Accanto alla colonna alcuni angeli sulle nuvole si muovono vorticosamente, ma in modo aggraziato, in un volteggiare di abbracci, di braccia tese a indicare l’evento miracoloso, volti morbidi e capigliature setose, “una squadra di celesti messaggeri” come racconta uno studioso del ‘600 e come nuovamente Vasari descrive:
Evvi un coro di Angeli sopra la capanna che cantano, che son tanto ben fatti che par che siano più tosto piovuti dal cielo che fatti dalla mano di un pittore

Sullo sfondo la luce dell’aurora, del giorno che sta nascendo su un mondo nuovo e diverso, che la nascita di Gesù ha cambiato in modo definitivo.

E il mio augurio a tutti voi è che una nuova luce, un nuovo giorno pieno di speranza venga ad aprirsi per ognuno di noi, una speranza luminosa e abbagliante che possa essere inesauribile…. AUGURI!

 

CURIOSITÀ
  • Il Giorno

Se l’Adorazione dei Pastori è convenzionalmente conosciuta come la Notte, vi è un’opera, sempre di Correggio che le fa da pendant, soprannominata il Giorno, dipinta nel 1526 per la cappella Bergonzi della chiesa di S.Antonio a Parma. Rappresenta un soggetto non troppo frequente nella storia dell’arte, cioè quello della presentazione a Gesù della traduzione della Bibbia dall’ebraico al latino popolare da parte di San Girolamo, vissuto in penitenza nella grotta di Betlemme.

A sinistra ecco infatti l’anziano santo, in piedi a chiudere la scena, con il manoscritto in mano e ai suoi piedi il leone, suo inseparabile compagno dopo essere stato da lui guarito.

Accanto un angelo dai tratti efebici, i capelli chiari e setosi come le ali, lo sguardo vivo rivolto a Gesù che, in braccio a Maria, sfoglia il libro tradotto. Gesù, che forse è il più bel bambino che la storia dell’arte ricordi, così umano, infantile, con i riccioli biondi inanellati, il volto paffuto, il corpicino nudo dalla pelle morbida e luminosa, tutto teso come i bimbi fanno a quell’età a tentare di avvicinarsi con il braccio teso a prendere il libro. La manina sinistra è posata sul capo di Maddalena inginocchiata, abbandonata a Lui, che è tutta dipinta, dai capelli all’abito alla pelle, con un unico colore, una splendida sfumatura dorata.

Una tenda rossa, sospesa precariamente sui rami, protegge il gruppo dal sole del giorno che sta illanguidendo sulle colline dello sfondo.

  • San Girolamo

Originario della Dalmazia, nel V secolo, fu incaricato da Papa Damaso della traduzione della Bibbia (la cosiddetta Vulgata). Può essere raffigurato in due modi: come penitente in una grotta, con il fedele leone al fianco, una clessidra e un teschio che invitano a meditare sulla fugacità del tempo e sulla morte o come studioso in una biblioteca, circondato da libri, con l’abito e il cappello rosso da Cardinale…peccato che il Santo non rivestì mai tale carica!

 

  • Agrifoglio

Nell’antichità era considerata una pianta sacra, che veniva adoperata per scacciare la sfortuna e le maldicenze dalle case, portando così serenità e prosperità. I pagani celebravano la rinascita del sole al Solstizio d’inverno, simbolicamente una battaglia tra la quercia estiva e l’agrifoglio invernale, le cui bacche rosse rimandavano alla fertilità. Secondo i Cristiani, che sovrapposero al solstizio il 25 dicembre, le bacche rosse alluderebbero al sangue di Cristo e la foglia dell’agrifoglio alla corona di spine.
Alla fine comunque l’agrifoglio resta la pianta natalizia per eccellenza che porta fortuna e prosperità…compriamone un bel po’ quest’anno: ne abbiamo davvero bisogno!